La maggiore critica che fu sempre mossa al sistema di trazione a ca trifase a 3400 V 16,7 Hz era che tale sistema richiedeva la costruzione di impianti appositi per la produzione e trasmissione di energia elettrica e di sottostazioni di conversione con macchinario rotante. La scelta di quella frequenza era però da attribuirsi principalmente a diversi fattori tecnici, tra cui scarsa affidabilità degli ingranaggi riduttori della velocità, SSE più distanti, riduzione delle cadute di tensione… Nel 1927, però, i risultati degli studi e dei vari esperimenti svolti sia in Italia che all’estero avevano dimostrato la possibilità di elevare la tensione in linea a valori molto al di sopra dei 3000 – 3600 Volt, fino ad allora consentiti. Inoltre i progressi raggiunti nelle costruzioni meccaniche avevano consentito la realizzazione di ingranaggi riduttori di velocità degni della massima fiducia. Questo complesso di cause spinse le ferrovie dello Stato a sperimentare il sistema di trazione elettrica a frequenza industriale (45 Hz) con una tensione di 10 Kv sulla linea di contatto. Per gli esperimenti (iniziati nel 1927) si scelse la linea Roma – Sulmona, con forti pendenze e lunga 172 Km dei quali ben 20 in galleria. Per queste prove erano già in costruzione delle nuove locomotive elettriche, appositamente pensate per questa linea: E472 (1925), E 470 (1927), E 570 (1927). Le prime due, destinate al servizio viaggiatori, avevano quattro assi accoppiati e due portanti, che formavano un carrello con quello accoppiato vicino. Quattro coppie di ingranaggi, con pignoni elastici, due bielle triangolari e sei bielle d’accoppiamento trasmettevano il movimento alle ruote. I due motori asincroni erano a ventilazione forzata e le velocità erano: 37,5 – 50 – 75 – 100 Km/h per il gruppo E 470 e 37,5 – 50 – 75 Km/h per il Gruppo E 472. Il peso totale variava da 91 a 97 tonnellate per una potenza di 2000 kW. Le locomotive del gruppo E 570 avevano invece 5 assi tutti accoppiati, analogamente a quelle del Gruppo E 550. La potenza era ancora di 2000 kW per una velocità di 25 e 50 Km/h e un peso di 76 tonnellate. Tutti e tre i tipi venivano alimentati mediante trasformatori ad olio e i primi due tipi potevano circolare anche sotto la tensione di 3400 V 16,7 Hz. Il 28/10/1928 venne così elettrificata alla tensione di 10 Kv 45 Hz la tratta Roma Prenestina – Tivoli (con raccordo Roma Prenestina – Roma San Lorenzo), mentre il 23/3/1929 fu la volta del restante tratto. Per l’alimentazione (assicurata già allora dalla SSE di Roma Prenestina) venne realizzata la Centrale Elettrica del Sagittario ed utilizzate delle SSE Ambulanti di tipo AA 13. Su di un bollettino tecnico Ansaldo dell’epoca si legge:” … tre sottostazioni si trovano dislocate ad Aversa – Scanno, sulla linea Roma – Sulmona, dove funzionano alla frequenza di 45 periodi elevando la tensione da 6.000 a 62.000 Volt (l’energia è fornita dagli alternatori della Centrale del Sagittario) ed alimentando, attraverso 140 Km. di linea primaria, la sottostazione delle FF. SS. di Roma Prenestina. Qui l’energia elettrica trasformata a 10.000 Volt viene utilizzata per l’alimentazione della linea di contatto del tronco elettrificato Roma – Avezzano…” L’esperimento sembra riscuotere successo tanto che si pensa di estendere la nuova elettrificazione anche ad altre linee del nodo di Roma, tanto che anche la nuova linea Campoleone – Nettuno si prevede di elettrificarla a 10 Kv 45 Hz, vengono anche già posati i pali, forse anche la linea aerea e forse si effettuano anche delle prove (ma mancano documenti certi dell’epoca), ma ormai gli orientamenti in ambito FS (e non solo) stanno cambiando. Il 1 Marzo del 1928 era stata attivata la TE a 3000 V CC sulla Benevento – Foggia ed era in pieno corso il dibattito su quale sistema fosse meglio adottare per le future elettrificazioni. La scelta cadde sul sistema in CC, e già nel 1932 era possibile percorrere l’intera Napoli – Foggia in TE (a 3000 V CC.) Il 4 Giugno del 1932 il Consiglio dei Ministri vara un ambizioso piano di elettrificazioni che avrebbe dovuto portare la catenaria in 12 anni su circa 8000 Km di linee. Il successo dell’elettrificazione a 3 Kv CC (sicuramente molto più semplice da gestire come impianti per la presenza di un solo filo di contatto), spinse il Governo italiano a puntare tutto su questo sistema, e alle FS non resta che adeguarsi alle nuove direttive sospendendo ogni ulteriore esperimento. Tanto che anche al nord si sospendono nuove elettrificazioni in trifase ed iniziano le conversioni da trifase a corrente continua: nel 1935, ad esempio, vengono convertite le linee Prato – Pistoia e dalla Pistoia – Borgo Panigale. La Roma – Sulmona resta così unica linea alimentata a ca trifase nel nodo di Roma e nel centro Italia, con non pochi problemi di esercizio: non solo era di fatto isolata dalle altri rete trifase presenti in Italia, ma la sua particolare alimentazione non permetteva l’utilizzo di altri locomotive trifase. Proprio per ovviare a ciò, nel 1928, a seguito alle esperienze acquisite nell’esercizio a corrente alternata trifase ad alta tensione (10 kV) con le E.472, E.470 e E.570, venne costruita una nuova locomotiva della potenza di 3.270 kW che avrebbe dovuto rappresentare “il massimo” dello sviluppo della trazione trifase: fu denominata E.471, ed aveva un rodiggio 1D1 del tutto simile, ma era tecnicamente diversa dalle precedenti come concezione. Progettata dal famoso ingegnere Kálmán Kandó e costruita nello stabilimento CEMSA, era volta verso lo sviluppo futuro della trazione trifase dato che si trattava di una locomotiva politensione e polifrequenza, ovvero poteva operare sia sotto i 3400 V 16,7 che sotto i 10000 V 45 Hz. La E.471.001 compì le sue prove tra il 1928 e il 1929 in Valtellina, ma l’esperimento cadde per la difficile applicazione del trasformatore rotante e per i troppi legami del progetto a brevetti esteri, invisi al nuovo regime. Sfumato questo progetto, e mutati ormai gli orientamenti politici, le FS decisero, non appena possibile, la trasformazione della Roma – Sulmona convertendo l’alimentazione al nuovo sistema di 3 Kv CC. Già il 28/10/1935 la tratta Roma Prenestina – Mandela viene convertita dalla tensione di 10 Kv 45 Hz alla tensione di 3 Kv cc. Nel 1938 viene demolita la E 570.004 e già si inizia a progettare la conversione dell’intera linea. Lo scoppio della seconda guerra mondiale bloccò però i progetti, e la Mandela – Sulmona restò alimentata in corrente alternata trifase, ma purtroppo, ancora per poco. Infatti tra il 1944 e il 1945 la stasi totale del fronte in Italia centrale causa la totale distruzione della linea, oltre che di alcuni mezzi: almeno 3 E472 vengono fatte saltare in aria dai genieri tedeschi in ritirata insieme al viadotto sulla Valle del Sagittario. La E.472.006 andrà invece distrutta nel corso del bombardamento aereo alleato degli impianti ferroviari di Sulmona del 27 agosto 1943. Altre macchine, ritenute probabilmente atte al servizio, vengono invece condotte al nord sotto le reti a 3,6 Kv (i tedeschi ignoravano che quelle macchine erano si trifase, ma per una tensione diversa, oltretutto le E570 erano simili alle E551). I ferrovieri raccontano che una mattina, a Novi San Bovio, arrivò un treno: oltre a carri pieni di soldati tedeschi, la locomotiva a vapore trainava almeno 2 E570. Il comandante tedesco ordinò ai ferrovieri presenti di metterle immediatamente sotto tensione, e a nulla valsero le rimostranze del personale FS che tentava di spiegare che ciò non era possibile. Quando ormai i tedeschi sembravano intenzionati a passare a metodi “più convincenti” (ovvero o facevano funzionare quelle locomotive o tutti sarebbero stati giustiziati come sabotatori), fortunatamente negli uffici del deposito venne trovato un libro ufficiale FS, con la foto delle E570 e la dicitura di locomotive a 10 Kv 50 Hz. Questo servì a convincere i tedeschi. Al termine delle ostilità il quadro sulla Mandela – Sulmona è di totale distruzione: l’intera elettrificazione distrutta, oltre a numerose opere d’arte. In sede di ricostruzione occorre decidere se riprendere il progetto trifase o ricostruire gli impianti elettrificando il tutto in CC. La scelta cade ovviamente sulla seconda ipotesi: la tratta Mandela – Avezzano, dopo un breve periodo di trazione a vapore, viene elettrificata il 15/08/1946, mentre la tratta Avezzano – Sulmona il 18/05/1950. Nell’aprile 1945 la situazione del parco delle E 470 dava: una macchina in attesa di riparazione; due accantonate nel Compartimento di Milano; una ancora in località ignota. AL termine della guerra si decise per la demolizione delle macchine superstiti. Per quanto riguarda le Le E470 , i dati dell’epoca riportano la E.470.001 demolita nel luglio 1947 presso l’Officina di Grande Riparazione di Torino, la 002 demolita nel dicembre 1947 in località ignota, la 003 demolita nel luglio 1947 nell’officina FS del deposito di Rivarolo Ligure e la 004 demolita nel marzo 1947 in località ignota. Le E472 vennero demolite tra il 1946 ed il 1948 a Genova e Torino, e, sempre nello stesso periodo vennero demolite le locomotive superstiti rimaste a Sulmona. Calava così,definitivamente, il sipario su questo sistema di elettrificazione. Impossibile esprimere un giudizio tecnico sulla validità o meno del progetto: troppo breve il periodo di esercizio, effettuato oltretutto in anni in cui era sempre più evidente la volontà di puntare tutto sulla corrente continua. Gli unici dati abbastanza certi furono per le E 470 : Sulla Roma-Sulmona, linea di montagna con curve di raggio stretto e ripide livellette, manifestarono subito le difficoltà tipiche di macchine progettate per linee pianeggianti e con curve ad ampio raggio: le tabelle di prestazione documentano la difficoltà d’esercizio alla velocità di 75 km/h e l’esclusione definitiva dell’impiego della velocità di 100 km/h. Difficile dire quali sviluppi avrebbe potuto avere il sistema se fosse andato in porto il progetto delle E471 e se non si fosse puntato tutto sulla elettrificazione a 3000 V CC.