La Ferrovia Suzzara – Ferrara (parte 2)

(qui la parte 1)

Gli anni ’70 si aprono con l’arrivo di “nuovo” materiale rotabile. Infatti a causa della messa fuori servizio delle ALn 72.01 e 04 e delle “gemelline” ALn 56 la FSF si trovò nella necessità di reperire nuovo materiale rotabile, ricorrendo all’acquisto di  automotrici di costruzione anteguerra, già radiate dalle FS ma comunque in condizioni accettabili. La scelta cadde su cinque ALn556.1200, che avevano da poco cessato i servizi sui binari dell’Italia del Nord. Nei primi mesi del 1971 arrivarono al deposito di Sermide le  ALn 556.1230, 1236, 1277, 1289 e 1292 che vennero immediatamente revisionate e poterono entrare in servizio già a partire dal 1972. Sempre in questi anni si decise di effettuare un terzo treno del mare, appositamente riservato a Bergamo e al suo circondario. Urgente diventava però la necessità di avere nuovo materiale rotabile; l’occasione buona venne ancora una volta dalla FIAT, che da oltre un anno stava sperimentando un nuovo modello di ALn 668 che venne immatricolata nella FSF come ALn 668.11, insieme alla sua gemella ALn 668.12, fatta appositamente costruire insieme col rimorchio Ln 882.30. La nuova relazione venne denominata “Freccia Orobica” e riscosse subito un grande successo, tanto che la composizione iniziale venne portata dai due pezzi iniziali a sei. Nonostante la FSF impiegasse tutto il suo parco di automotrici ALn 668 (otto) e rimorchi (sei), spesso per soddisfare l’utenza dei treni del mare, si ricorse al noleggio, per i periodi “caldi” di materiale FS: ALn 668.1400 e 1500 e ALn 990.3000 con relativi rimorchi. Oltretutto a Bergamo la SAB assicurava le coincidenze con le autolinee per le valli Brembana e Seriana. Viene purtroppo da pensare a quanto utili si sarebbero dimostrate  le ferrovie private bergamasche, stupidamente soppresse solo alcuni anni prima. Quando tutto sembrava andare per il meglio, come un fulmine a ciel sereno, nell’estate del 1971, arrivò alla direzione della FSF una lettera raccomandata da parte dell’Ispettorato Compartimentale della Motorizzazione Civile che disponeva, a partire dal 1° settembre 1971, la “sospensione” dell’esercizio ferroviario, da rimpiazzarsi con “adeguati autoservizi”. La motivazione era da ricercarsi nella rottura di alcune rotaie ottocentesche, fatto già scoperto da diverso tempo, senza nessun danno per la circolazione. Sembrava l’anticamera della chiusura e la lettera, per fortuna, non passò inosservata. La Gazzetta di Mantova pubblicò articoli di fuoco contro una decisione che agli occhi di tutti sembrava non solo assurda, ma anche anticamera delle soppressione e smantellamento della linea. A questo si aggiunsero le proteste del mondo sindacale e politico locale. Le proteste ebbero l’effetto sperato, tanto che, in brevissimo tempo, venne nominata da Roma una commissione tecnica  d’inchiesta che il 26 agosto 1971 procedette alla ricognizione della linea. Il giorno seguente la commissione tecnica arrivò alla conclusione che sebbene fossero necessari lavori di sostituzione dell’armamento, tali lavori potevano essere svolti senza interrompere il normale esercizio ferroviario. Molto rumore per nulla? La solita commedia all’italiana? Non proprio: i lavori erano comunque necessari, e il gran putiferio ebbe il “merito” di  creare un periodo di riflessione sul ruolo futuro della FSF: l’utilità nei collegamenti locali era fuori discussione, ma la si iniziò a pensare come itinerario alternativo alle ormai quasi sature linee FS.  Da tutte queste promesse scaturirono i lavori di sostituzione dell’armamento, ma mentre tra Poggio Rusco e Ferrara vennero posate rotaie da 50 kg/m posate su traverse in CAP, sulla tratta restante ci si dovette accontentare delle classiche rotaie da 36 kg/m a giunti sfalsati e poggianti su traverse di legno. 

I lavori durarono circa due anni, duranti i quali “tornò a nuova vita” anche il 121.01 che seppure un po’ malconcio venne impiegato al traino dei vari treni cantiere. Anche la ALn 56.119 tornò utile durante i lavori, in funzione di ricovero ambulante per l’impresa che effettuava i lavori di rinnovo dell’armamento. Intanto, nel 1974, arriva il pensionamento “forzato” per la ALn 72.03 e la rimorchiata Ln 60.01 giudicati inidonei al servizio dopo l’annuale visita dell’Ispettorato della Motorizzazione Civile e dei Trasporti in Concessione. Restava in servizio la sola ALn 72.02, che rimase però seriamente danneggiata, nell’ottobre del 1975, da un incendio scoppiato per la negligenza di un viaggiatore presso al fermata di Porrotto. Per sopperire alla mancanza della ALn 72.02 vennero revisionate (nel gennaio 1976) e rimesse in servizio la ALn 72.03 e la rimorchiata 60.01. A conferma della crescente importanza acquisita dalla FSF, nel 1976 le tre coppie di treni Milano C.le – Ferrara vennero trasformati in treni a materiale ordinario, affidati alle D.343 alla testa di tre/quattro carrozze, con grande gradimento dell’utenza, nonostante qualche sterile polemica da parte di alcuni comitati pendolari che davano la colpa dei cronici ritardi dei loro treni ai collegamenti FSF (in realtà era la linea Cremona – Mantova ad essere inadeguata, come lo è oggi, a quasi 30 anni di distanza). Passata la “tempesta” la FSF era di nuovo ai massimi splendori, tanto che allo scopo di cessare i noleggi di materiale FS e pensionare definitivamente il materiale più anziano vennero ordinate altre ALn 668+5 Ln 880, seguite a breve da un’altra ALn 668 e altre tre rimorchiate pilota Ln 880. Così, con le nuove forniture, la FSF si trovò a poter disporre di ben 14 automotrici ed altrettanti rimorchi, senza contare le vecchie ALn ormai in via di pensionamento. Sempre nel 1976 la stazione di Felonica Po viene disabilitata al movimento: non vi si terranno più incroci fino all’avvento del CTC. La fine degli anni ’70 infatti vede diradarsi sempre più gli impieghi delle ALn 556 e dell’ultima ALn 72, ma vede “moltiplicarsi” i treni speciali promossi dagli appassionati. Appassionati (tra cui l’attivissima AFI) che il 23 settembre 1979 otterranno di far circolare, per l’ultima volta, la 72.03+60.01 (ritirata dal servizio nel 1978) tra Sermide e Suzzara e la ALn 56.136 tra Sermide e Ferrara. La fine degli anni ’70 vede anche l’automazione degli ultimi Passaggi a Livello ancora manuali, ad eccezione di quelli ricadenti nell’ambito delle stazioni, che verranno automatizzati in seguito. Nell’estate del 1979 si procede alla demolizione delle superstiti ALn 56. Grazie alla fattiva collaborazione tra appassionati e direzione di esercizio, nel mese di settembre 1979 la ALn 56.136 tornò ancora una volta a circolare. Quando ormai la sua fine sembrava segnata intervenne il GATT di Torino, che la acquistò direttamente dall’impresa demolitrice per portarla “in salvo” a Torino, per essere esposta nel costituendo Museo dei Trasporti. Così il 12 maggio 1980 la storica automotrice lasciò per sempre i binari della “Bassa” e inizia un lungo viaggio verso Settimo Torinese via Suzzara – Parma – Piacenza – Alessandria – Torino. Il viaggio dura fino al 15, quando l’ALn 56, malconcia e con un solo motore efficiente (l’altro si guastò sui deviatoi di ingresso di Piacenza) arriva a Rivarolo. Agli inizi degli anni ’80 si inizia a pensare alla FSF come itinerario alternativo per il traffico merci, in particolare per il trasporto di container sull’itinerario Melzo – Ravenna. Dopo un primo esperimento positivo svolto nel 1981, si decise di far partire il regolare servizio già dall’anno successivo. Servivano però dei mezzi adatti a trainare questi treni: l’occasione venne da oltralpe, quando le DB iniziarono a radiare dalla propria rete le locomotive diesel-idrauliche del Gruppo 220. La FS formalizzò così l’acquisto di tre di queste locomotive.  La prima locomotiva ex DB a varcare le Alpi, dopo essere stata sottoposta a grande revisione presso le officine di Norimberga, fu la 220 006-1, arrivata a Sermide il 19 luglio 1982, seguita dalla 220 011-1 e dalla 220 049-1 il 28 ottobre 1982. Dopo i regolari corsi d’istruzione e i collaudi di rito per queste locomotive  sono iniziati i primi sporadici servizi merci sostituendo le anziane LD.61 e 62. Un impiego intenso era però subordinato alla partenza dei progettati treni merci passanti, ma dato che l’iniziativa tardava a partire, nel 1986-87 la 220 049 venne prestata alla ACT di Reggio Emilia per il traino di treni merci tra Dinazzano Scalo e Reggio Emilia. Sempre nel 1986 cessa, tra alcuni rimpianti, il servizio diretto Milano – Ferrara: a partire dal 28 settembre le tre coppie di diretti vengono scissi in due distinte relazioni separate, a cura delle FS da Milano a Mantova, dove veniva assicurata la coincidenza con i treni FSF da Mantova a Ferrara. Se da un lato veniva a cessare il collegamento diretto, con la scomodità del trasbordo, dall’altra era da notare che l’utenza non era più quella degli anni ’70, avendo preso in buona parte altre strade per raggiungere Milano, invogliata in questo anche dalla riforma degli orari e dal cadenzamento dei treni FS

(continua)

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